IL NOSTRO ANTISPECISMO pt. 2
- da "La Nemesi" n. 1 - Luglio 2005
- 9 feb 2016
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Al di fuori dei libri e dei laboratori
La zoologia sistematica vuole offrire un'ordinata visione comparativa della multiforme varietà delle specie animali viventi sulla faccia della Terra. Purtroppo questa ossessiva comparazione delle diverse forme di vita ha prodotto quella convinzione secondo la quale gli uomini sono il risultato finale e il prodotto perfetto dell'evoluzione. La presenza del genere Homo ha storia piuttosto recente se comparata a quella della maggior parte degli altri animali, ma invece che riconoscere e guardare con meraviglia il fantastico viaggio attraverso la storia del pianeta Terra condiviso con le altre creature, gli scientisti e i loro proseliti vogliono soltanto rimarcare la distanza e le differenze tra noi e i nostri compagni. Quello che la Scienza vuole suggerire mettendoci di fronte all'evidenza che individui appartenenti ad ampie categorie animali come gli Insetti, i Molluschi e i Pesci abbiano evoluto un sistema nervoso non equiparabile per complessità a quello di Uccelli e Mammiferi, non ci porta a ritenere che possano essere schiacciati con spensieratezza senza provocare sofferenza. L'unico rapporto che di solito i giganti umani hanno con i piccoli animali si risolve nell'ucciderli, ferirli o lasciarli vivere senza attribuire a ciò alcuna importanza. Quel che noi affermiamo è che non importa quanto intensa possa essere la sofferenza di un animale e quanto questo possa essere evoluto (secondo la classificazione fatta dalla zoologia sistematica e dalla filogenesi animale). Ci basta vedere che un moscerino con le ali spezzate o le zampe schiacciate tenta in ogni modo di ricomporsi e lotta sino alla fine per la propria vita e che sente il disagio di non avere il proprio corpo funzionante come prima.
Una delle argomentazioni che gli specisti utilizzano per reggere il loro traballante impianto ideologico è che gli animali non umani non sono dotati di intelligenza. La supposta mancanza di intelligenza li ha esposti alla supremazia dell'umanità, che si è approfittata della diversa indole degli altri animali. Invece ogni animale possiede un'intelligenza propria della specie di appartenenza e ognuna di queste intelligenze è adatta al tipo di vita, all'etologia di quell'animale ed è più che sufficiente per “sbrigare” i propri affari, per procurarsi cibo e riparo, per avere abitudini più o meno sociali, per accoppiarsi e per procreare, in definitiva per vivere nel mondo. Tutto questo senza bisogno di intervento umano.
In ogni caso, mancanza di intelligenza, incapacità di linguaggio e altre deficienze che gli umani possono riscontrare negli altri animali non possono essere argomenti per giustificare l'inflizione del dolore perché allora dovremmo accettare la sperimentazione scientifica su persone che non sono né intelligenti né capaci di parlare. L'intelligenza è in fondo uno dei tanti parametri di valutazione, inventato dall'uomo, mentre potremmo usarne altri, come la forza o la velocità per esempio, che scalzerebbero gli umani dalla posizione dominante.
In tutte le cose ci siamo fatti più modesti. Non traiamo più le origini dell'uomo dallo “spirito”, dalla “divinità”, lo abbiamo ricollocato tra gli animali. Esso è per noi l'animale più forte perché è il più astuto: una conseguenza di ciò è la sua intellettualità. Ci guardiamo, d'altro canto, da una vanità che anche a questo punto vorrebbe di nuovo far sentire la sua voce: quella per cui l'uomo sarebbe stato la grande riposta intenzione dell'evoluzione animale. Egli non è in alcun modo il coronamento della creazione: ogni essere è, accanto a lui, allo stesso grado di perfezione… E affermando questo, affermiamo ancora sempre troppo: relativamente parlando, l'uomo è l'animale peggio riuscito, il più malaticcio, il più pericolosamente deviato dai propri istinti.
Friedrich Nietzsche, l'Anticristo
Di questo aforisma ci sono due versioni dal tedesco, una traduce la parola geistigkeit intelligenza, l'altra intellettualità. Qui non si afferma che l'uomo è l'animale più forte e il più astuto perché rappresenta la completezza e l'obbiettivo segreto della creazione, sia essa divina o sia l'inizio dell'evoluzione che Darwin ha descritto, piuttosto si dice che questo tanto esaltato homo sapiens ha acquisito delle potenzialità che l'hanno fatto prevalere sugli altri animali, convincendolo di essere in cima ad una gerarchia di esserei viventi da lui stesso creata per legittimare il dominio conquistato.
Si potrebbe dire che l'intelligenza degli uomini è duplice: da una parte è l'intellettualità, la capacità di produrre sofisticati pensieri, di concettualizzare le proprie sensazioni, di saper formulare delle teorie che spieghino quel che sembra non interessare agli altri animali; dall'altra l'intelligenza umana è ciò che ha permesso a questa specie di sviluppare una serie impressionante di tecniche senza le quali non potrebbe di sicuro vincere la natura e le sue forze. Il cuore delle montagne sarebbe inespugnabile se non fosse che uomini e donne, grazie all'inarrestabile progresso della Scienza e della Tecnica, si sono dotati di giganteschi trapani che riescono a stuprarle con velocità ed efficienza; imponenti mammiferi marini possono essere con facilità arpionati ed issati con delle braccia meccaniche che rispondono al comando delle dita di un piccolo essere. Nel campo della genialità militare, gli eserciti di questo ultimo secolo sono arrivati dove i loro predecessori si erano dovuti fermare: ora il terrore e la furia bellica arrivano anche dai cieli, dove sembrava proprio che solo gli uccelli potessero volare.
Insomma, questo “animale razionale dotato di intelligenza” ha costruito cose più grandi e più potenti di lui per avere ragione di ciò che altrimenti non avrebbe potuto domare e dominare.
Qui risiede la furbizia dell'Uomo, sfacciatamente spacciata come Intelligenza. L'atteggiamento megalomane descritto finora è la tendenza che ha coinvolto la maggior parte degli umani ma non è in alcun modo la natura umana, perché l'esistenza di persone che lottano contro lo sfruttamento dimostra che la volontà di dominio non è insita in tutti gli umani in quanto tali. La storia della civiltà si è svolta in questo modo, catastrofico ed annientatore, ma in ogni epoca ci sono state resistenze piccole e grandi che ci inducono a non disperare.
Spezzare le catene
Ogni essere vivente ha interesse al proprio benessere, a poter esplicare le normali funzioni vitali decidendo da sé luogo, tempo e modalità. Qualsiasi intromissione nei normali affari di un animale è indebita ed è applicata in ragione del fatto che agli animali non si riconosce pari dignità, come del resto alcuni uomini non la riconoscono ad altri umani. Questo tenendo conto solo dei bisogni fisiologici che sono riscontrabili in ogni abitante animale della Terra, mentre come umani che riescono a instaurare dei rapporti affettivi o anche solo una comunicazione con alcune specie, dobbiamo riconoscere loro la capacità di provare sensazioni e sentimenti. Il fatto che alcune specie non comunichino con segnali a noi comprensibili il loro stato di benessere o di disagio e che non si possa più di tanto legarsi a loro sentimentalmente non è di certo motivo per approfittarsene, per intromettersi in quelle esistenze sconvolgendole e per non ritenerle degne di essere vissute. Chi si oppone alla tortura sugli uomini, non può che ravvedere la stessa mostruosità nei macelli, nei laboratori e in tutte quelle situazioni dove gli animali sono costretti ad umiliazioni e ad innaturali condizioni di vita. In realtà, la grande mancanza di empatia di cui troppi soffrono, fa sì che non possano sentirsi vivere in altri esseri e che siano partecipi perciò il meno possibile alla loro sorte e alle loro sofferenze.
L'unica ragione per considerare prioritari dei triviali interessi nel mangiarsi un maiale, per esempio, rispetto all'interesse vitale del maiale all'integrità del proprio corpo è la specie del maiale (una specie non umana). Ritenere il proprio superfluo bisogno di consumare prodotti animali sicuramente più importante del primario interesse di un animale a non essere violato è specismo, perché non da eguale considerazione ad eguali interessi, semplicemente a causa della specie. Gli animali esistono per se stessi e non per gli uomini, come i neri non vivono per servire ai bianchi o le donne per soddisfare gli uomini.
La nostra opposizione allo specismo è un'opposizione ad una ideologia che serve a legittimare la sofferenza ignobile e la morte che la quasi totalità degli umani infligge scientemente, deliberatamente, quotidianamente, a miliardi di esseri altrettanto sensibili.
Non essere specisti non significa “trattare allo stesso modo umani e non umani”, il che è chiaramente ridicolo. Significa piuttosto attribuire uguale peso a bisogni e interessi, i quali variano da specie a specie. Il solo evidente fatto della diversità tra le specie non può essere motivo per ignorare gli interessi di qualcuno.
Una rivoluzione antispecista comporterebbe uno sconvolgimento totale da tutti i punti di vista e pochi sembrano volerlo veramente. Il vero antispecismo è la più radicale, profonda e rivoluzionaria critica dell'esistente.
Il concetto di liberazione animale si distacca da quello di diritti animali perché non tende ad una vita più dignitosa degli animali in questa società umana, ma alla loro libertà, lasciandogli spazio di creare nuovamente le loro società. Pertanto si intende anche un mondo completamente diverso da questo, un ritorno alla Terra per ristabilire un equilibrio tra i viventi perduto dalla deviazione civilizzatrice e dominatrice degli umani.
Solo togliendo il dominio umano dal non-umano si potrà anche togliere quello dell'uomo sull'uomo, perché non può esistere società liberata fintanto che i liberi uomini avranno degli schiavi animali.
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