LOTTARE PER I VISONI
- da "La Nemesi" n. 4 - Febbraio 2007
- 7 mar 2016
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Gli allevamenti di animali da pelliccia in Italia sono stati decimati. Questo è un dato di fatto. Secondo dati della camera di commercio nel 1991 erano presenti in Italia 125 allevamenti registrati. Ovviamente non vuol dire che tutti fossero attivi, ma presumibilmente lo erano. Questi, contro i circa venti ancora attivi al momento sono un chiaro segnale del decadimento di un settore produttivo, i cui numeri sono stati ridotti di quasi dieci volte in quindici anni.
Cosa ha portato questi risultati? Un insieme di fattori sicuramente, che vanno dalla crisi patita dal settore negli anni '90, alla coscienza diffusa contro le pellicce, passando per la competitività di prezzo di pelli provenienti da paesi asiatici, fino indubitabilmente ai danni incalcolabili portati dalle azioni dirette. Alcuni allevatori che hanno chiuso l'attività più o meno recentemente hanno lamentato la mancanza di mercato, mentre altri hanno lasciato che l'erba riprendesse i suoi spazi al posto dei lugubri capanni dopo che tutte le gabbie e le reti sono state aperte dai liberatori.
Sin dagli anni '80 in Italia le liberazioni di visoni dagli allevamenti si sono susseguite una dopo l'altra. Ignoti, firmandosi a volte ALF e a volte con altri nomi, hanno compiuto uno dei più semplici e splendidi gesti che si possano fare: aprire le gabbie. Azioni che hanno sempre suscitato un grande entusiasmo tra gli animalisti, generando anche dibattiti per l'impatto ecologico di un massiccio numero di predatori rilasciati in natura. […]
Di fronte alle liberazioni di visoni le dichiarazioni degli organi di settore, come l'Associazione Italiana Pellicceria o l'Associazione Italiana Allevatori Visone, sono sempre state simili nella propria contraddittorietà. Da una parte infatti per screditare l'animo sensibile dei liberatori viene sempre detto che le povere bestiole se non catturate sono destinate a morire schiacciate dalle auto o di fame. Dall'altro viene paventata una catastrofe ecologica perché orde di predatori selvaggi sono sati rilasciati nel territorio, predicendo quindi il contrario di quanto asserito prima, cioè che gli animali liberati sopravviverebbero a scapito di quelli già presenti in natura. Un tale amore per la Natura selvaggia e gli animali paiono abbastanza sospetti da parte di persone che per mestiere uccidono e prendono parte ad una industria altamente inquinante, i cui effetti sull'ambiente sono ben più nocivi dell'impatto dei visoni liberati. Se i signori dell'Associazione Italiana Pellicceria distinguono tanto gli animali selvatici da quelli allevati appositamente, cosa dicono delle trappole, ancora utilizzate largamente negli Stati Uniti, Canada e alcuni paesi europei per cacciare animali destinati al mercato delle pellicce? Non sono forse animali selvatici tanto quanto quelli che i visoni potrebbero minacciare? La loro ipocrisia in questi frangenti è solo una delle tante menzogne che cercano di spacciare per rimanere in piedi.
Gli ultimi anni hanno visto una crescita nel numero delle azioni, che hanno portato alla chiusura di alcuni grandi allevamenti e a ingenti spese per l'installazione di allarmi per chi ha deciso di portare avanti l'attività. Le azioni contro gli allevamenti di visoni hanno avuto un tale impatto da portare l'AIAV a mettere una “taglia sui terroristi”, come la chiamano loro. Per chi offre informazioni utili all'arresto degli attivisti ci sono 30.000 euro di ricompensa (riferimento all'anno 2003, ndr).
Secondo uno studio pubblicato nel 2005 dai professori Sandro Bertolino e Piero Genovesi, a partire dal 2000 circa 33.200 visoni sono stati rilasciati in natura in seguito alle librazioni dagli allevamenti. Molti hanno avuto la possibilità di sopravvivere e creare delle colonie di visone americano, monitorate dal National Geographic soprattutto nelle aree del friulano, dell'appennino forlivese, del reggiano, del ferrarese e in alcune zone intorno a Roma. Non è difficile scorgere in queste aree quelle dove sono o erano presenti allevamenti colpiti dai liberatori.
L'impatto sul settore è enorme. Leggiamo sul sito AIAV, aggiornato anni fa, che la produzione italiana di pelli ammonterebbe a circa 200.000 annue. Togliendo le decine di migliaia provenienti dagli allevamenti chiusi dopo la pubblicazione di quei dati, e se contiamo anche quante migliaia di pelli se ne sono fuggite, ci rendiamo conto che non c'è futuro per questi aguzzini.
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