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SPUNTI PER UNA RIFLESSIONE TRA VEGANI

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    00wildandfree00
  • 2 mar 2016
  • Tempo di lettura: 4 min

Come pretendiamo di cambiare le cose facendoci la guerra tra di noi? Come possiamo convincere una persona totalmente estranea al mondo vegan a fare questa scelta se critichiamo e sminuiamo anche chi ci è affine?


Capita prima o poi di volersi confrontare o voler condividere le proprie idee con persone che possiamo reputare vicine al nostro sentire e, in questo preciso caso, alla scelta che abbiamo fatto.

Molto spesso avremmo a che fare con persone che hanno sicuramente più esperienza e che, appunto grazie alla loro (si presume) più ampia conoscenza, possano insegnarci quel qualcosa in più che talvolta ci sfugge o, perché no, darci pareri o farci critiche costruttive.

Invece molti sembrano voler entrare in competizione l'uno con l'altro, parlando a sproposito, sminuendo chi è reputato un 'signor nessuno' solo perché ha meno anni di esperienza alle spalle o in tanti casi (pure più tristi) ha meno 'seguaci' sulla propria pagina o gruppo di Facebook. Si sentono arrivati, gli Dei scesi in terra portatori della conoscenza assoluta solo perché hanno avuto la fortuna (?) di farsi un nome.

Ci terrei a precisare che tutti e nessuno possono essere considerati esperti nell' “ambito” vegan. Come possiamo facilmente intuire non esistono né corsi né lauree per diventare vegan, perché essere vegani è solo una scelta etica e alimentare, nonché uno stile di vita.

Ci si può reputare 'esperti' solo con gli anni di esperienza ma ciò non significa che talvolta non sfugga qualcosa, anche perché, come già detto, il VEGANESIMO (parola che a qualcuno non piace) non è una materia scolastica.

Entrando più nello specifico, personalmente, ho avuto a che fare con vari tipi di persone che oltre a criticare non accettavano teorie o riprove sul fatto che avevano torto.

A partire da chi si definisce 'antispecista' (su cui ho scritto parecchi articoli cercando di analizzare a fondo cosa questo termine realmente significhi) e si schiera dalla parte di gruppi con ideali risaputamente fascisti, a chi banalizza l'azione diretta individuale aspettando il miracolo (?) di venire eletto in parlamento e lasciando nel frattempo morire gli animali perché, come appena detto, si sostiene l'inutilità di ogni movimento autonomo, fino ad arrivare in ultimo a chi preferisce soffermarsi su presunti errori lessicali (inesistenti) piuttosto che sul concetto esposto.

L'ultimo caso, non ancora compiutamente riportato, mi ha lasciato parecchio interdetta. Una persona che si definisce e, probabilmente, viene definita dai più come molto navigata nel mondo vegan ha commentato uno dei miei ultimi articoli limitandosi ad una mera critica linguistica della parola “veganesimo” piuttosto che argomentare compiutamente il malcelato disappunto verso il contenuto dello scritto.

Come detto all'inizio, io accetto le critiche purché costruttive e non mi tiro sicuramente indietro di fronte ad uno scambio di vedute, anche se diverse dalle mie. Non pretendendo di avere la conoscenza assoluta della lingua italiana mi sono permessa di affermare che la parola veganesimo, così come veganismo - ossia la correzione fattami dalla persona di cui sopra - sono entrambe usate e corrette e che il messaggio che volevo far arrivare non era sicuramente una lezione di italiano ma qualcosa di prettamente legato alla teoria e alla pratica vegan.

Questa persona, continuando ad accanirsi sulla parola “veganesimo”, insinua che i contenuti importano fino a un certo punto se non si fa una corretta informazione (in questo caso della parola che tanto lo infastidisce). Alla mia richiesta di documentazioni e delucidazioni sul mio presunto errore vengo bellamente snobbata, fino a che, in seguito a ricerche, non trovo scritto da nessuna parte che veganesimo sia meno corretto rispetto a veganismo e, anzi, la parola da me usata viene riportata su un famoso e stimato dizionario di lingua italiana. Quando lo faccio notare al signore in questione, questo mi liquida dicendo che “la gente sta male” e che nessuno mi ha invitata nel suo gruppo, per poi interrompere e successivamente cancellare il mio post e di conseguenza l'intera discussione.

Che dire… Questo è solo un esempio, ma che bene identifica il fulcro della questione.

Se diamo per scontato che la gran parte delle persone che dà vita e anima giornali, siti web, blog, pagine Facebook etc. lo faccia a fini controinformativi, bisogna fermarsi a riflettere sulle modalità con cui vengono trasmesse tutte queste informazioni.

Ovviamente la scelta del linguaggio consono e conseguente all'esposizione delle proprie idee è fondamentale e va ponderata a fondo, ma arroccarsi in mere critiche accademiche di linguistica, in un rigidismo senza alcuna ragione che non sia quella dell'esaltazione della propria “cultura” (ben altra cosa rispetto ad esperienza e saggezza) e del proprio ego, e nell'uso strumentale del linguaggio stesso come unico fondamento per la critica a teorie divergenti, di certo allontana da quella presunta volontà di far arrivare il proprio messaggio a più persone possibili.

Spesso la prima impressione che molti scritti di ispirazione vegan possono suscitare - in un 'neofita' così come in un 'vegano di lungo corso' – è quella di una saccenza e di una superiorità nemmeno troppo mascherata. Se diamo ancora per scontato che le pagine informative servano appunto a fornire informazioni, porsi sul piedistallo e ostentare una conoscenza onnicomprensiva e insuscettibile di qualunque critica non sembra certo essere il modo migliore per suscitare quel dibattito e quella crescita negli individui che si spera di raggiungere.

Mettiamoci per un attimo nei panni di una persona molto propensa a intraprendere la scelta vegana ed antispecista ma che sia relativamente “ignorante” sulle varie questioni connesse. Poniamo sempre che questa persona voglia reperire quante più informazioni possibili in merito e voglia discuterne con chi ha già esperienza in materia. Siamo davvero convinti che davanti ad una levata di scudi e di boria, come se ne vedono e leggono spesso, questa persona decida di entrare in contatto con individui che può sentire affini, se non addirittura riconsiderare la sua volontà di cambiare radicalmente pensiero?

Sono domande da farsi, è necessario sempre guardarsi allo specchio e analizzare le modalità con cui ci si approccia agli altri, se lo scopo è quello di comunicare il proprio punto di vista e le proprie scelte in vista di un non facile cambiamento sociale.

Sembrerà banale ma se il nostro fine non è l'informazione e una auspicata modifica dello stile di vita degli altri individui il problema del dialogo non sussiste; se invece pensiamo che controinformare gli altri sia un tassello fondamentale della pratica e visione vegan sarebbe il caso di dare modo alle persone di confrontarsi con noi facendole sentire come nostri pari e non come “esseri inferiori” o come subumani da educare.

 
 
 

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