ANCORA ANTISPECISMO
- da "La Nemesi" n. 2 - Dicembre 2005
- 19 feb 2016
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Dal principio…

La nozione di specie risponde alla necessità pratica di dare un nome agli organismi viventi che si presentò prima all'uomo cacciatore, poi all'agricoltore, in seguito all'allevatore; nel nostro caso all'uomo quale osservatore della natura. Il termine latino species,-ei (vista, apparenza, da speciere: osservare) indica che una classificazione tra i viventi è stata impostata in base ad una percezione visiva; rispondente a parametri generici di apparenza, forma, somiglianza.
Aristotele nella definizione del concetto di specie arrivò alla conclusione che era necessario riferirsi al criterio morfologico per riportare ad una determinata specie quegli individui i quali presentano caratteristiche esteriori simili.
Problema arduo e controverso è quello del significato e dei limiti che si devono dare al concetto di specie. Per Linneo, fondatore della sistematica (classificazione dei viventi in categorie ordinate), le specie erano fisse ed esistevano come tali dal momento della creazione. L'osservazione della variabilità e dell'evoluzione dei caratteri portò alla critica delle teorie di Linneo, basate sulla divisione in specie, genere, famiglia, ordine e classe. Buffon, naturalista del '700, affermò così che in natura non esistono che gli individui; tutte le altre classificazioni non sono che artifizi della nostra immaginazione.
...ai giorni nostri
Specie: aggregato di individui forniti di certi caratteri simili, che li distinguono da altri individui dello stesso genere.
Specismo: applicazione discriminatoria del concetto di specie ad opera della specie umana dominante, a discapito di tutte le altre.
Antispecismo: applicazione del principio di uguaglianza relativa (non assoluta) tra gli esseri viventi, considerati come individui esistenti in sé e per sé, non in quanto facenti parte di categorie dominanti o subordinate.
Le differenze tra le specie
La teoria e la pratica antispecista, nel portare avanti un concetto di uguaglianza fra le specie, adopera lo stesso approccio tenuto, per esempio, dai movimenti che si battono contro il razzismo oppure quelli contro il sessismo: non intende negare le differenze che intercorrono tra gli esseri viventi, bensì ne riconduce alcune su di un piano di superficie, marginale. Le diversità riferibili all'essenza, invece, vengono messe su di un piano strutturale, sostanziale, evidenziate da ogni soggetto in quanto entità unica ed irripetibile.
Il pensiero comune perpetua una realtà figlia dell'auto-proclamazione dell'uomo quale padrone incontrastato dell'intero mondo naturale. A nostro avviso la nostra specie non è che una delle innumerevoli manifestazioni di vita presenti sulla terra, la cui “volontà di potere” individuale e collettiva, attraverso alterne vicissitudini della storia, ci ha condotti fino ad un punto critico.
Qualcosa che merita di essere analizzato più approfonditamente.
Le capacità dell'uomo
Occorre fare una distinzione tra capacità e potenzialità umane.
Le capacità umane hanno origine nel campo della storia naturale, in quello che gli uomini hanno in comune con gli animali.
Consideriamo il regno della sopravvivenza e il prevalere dei sentimenti primordiali di dolore e paura, misti all'irrefrenabile desiderio di amore e relazioni, come la “prima natura”, il cosiddetto comportamento animalesco. Per quanto la civiltà attuale pretenda di averlo superato, esso permane, convive difficilmente, si scontra con la “seconda natura” sociale, sopraggiunta nella moderna condizione dell'uomo.
Mentre gli animali non-umani si limitano ad adattarsi al meglio al mondo in cui vivono, senza modificarlo fino allo stravolgimento, gli umani sono dotati di un intelletto calcolatore, elaboratore, trasformatore, solo potenzialmente al servizio dei bisogni in comune con le altre forme di vita.
L'intelletto umano è generalmente servito a fini di prevaricazione, utilizzando l'arma dell'opportunismo, una logica che i governanti in particolare hanno sfruttato per il controllo e la manipolazione della società.
Le capacità dell'uomo si manifestano molto nell'infliggere deliberatamente sofferenze e tormenti, alla ricerca di passioni perverse, per scopi coercitivi nei confronti degli altri o per puro gusto della crudeltà. Succede che gli animali più “dotati”, che paradossalmente sono capaci di innovazioni intelligenti, riescono a godere freddamente del male altrui.
Secondo l'opinione comune gli uomini sono troppo dotati, “ispirati”, per non decidere di vivere in una società regolamentata da istituzioni predisposte a limitare la tendenza all'irrazionalità e alla violenza. Come dire: se non ci costruissimo noi stessi una gabbia intorno, resteremmo creature indocili e immature, con un enorme potere di distruzione oltre che di creazione.
L'umanità può certo avere un forte potenziale negativo, ma il fatto che le persone dimostrino e abbiano sempre dimostrato un'esplosiva capacità di commettere azioni terrificanti, non significa che le potenzialità umane siano strutturate in modo da produrre il male e una distruttività nichilista.
La capacità dei nazisti di realizzare Auschwitz, ovvero i mezzi e il fine di sterminio di milioni di persone con metodi spaventosamente industriali, non era insita nella natura dei tedeschi. Si verificarono piuttosto sventure politico-economiche-sociali tali da lasciare spazio ai deliri nazionalsocialisti.
In modo incredibilmente simile, la capacità dell'uomo di allevare e catturare, per poi addomesticare, asservire, macellare, vivisezionare, scuoiare milioni di miliardi di animali grazie al funzionamento di una catena di montaggio-smontaggio meccanizzata, non è legittima conseguenza dell'attitudine superiore della razza umana, bensì abominevole messa in pratica di una logica di sfruttamento che fa prevalere le peggiori potenzialità.
Ugualmente la disastrosa condotta ambientale e i sui molteplici effetti nocivi rispondono alla scelta di certi uomini di servirsi del calcolo strumentale per mera volontà di potere ed espansione.
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